City branding: the ghostly politics of representation in globalising cities

di Alberto Vanolo
Routledge, 2017

This book explores different sides of place branding policies. The construction and the manipulation of urban images triggers a complex politics of representation, modifying the visibility and the invisibility of spaces, subjects, problems and discourses. In this sense, urban branding is not an innocent tool; this book aims to investigate and reflect on the ideas of urban life, the political unconscious, the affective geographies and the imaginaries of power constructed and reproduced through urban branding. In order to map and contextualise the variety of urban imaginaries involved, Alberto Vanolo incorporates conceptual tools from cultural studies and the embrace of an explicitly post-colonial perspective. This critical analysis of current place branding strategy is an essential reference for the study of city marketing.



Recensione (di Raffaella Coletti): 
(Recensione congiunta di Vanolo 2017 e Pasquinelli C., Place Branding. Percezione, illusione e concretezza. Aracne, 2017): La scelta di effettuare una recensione comune per i volumi di Alberto Vanolo e Cecilia Pasquinelli è nata da un suggerimento degli stessi autori. I volumi oggetto di recensione, redatti rispettivamente in inglese e in italiano, presentano infatti la comune ambizione di affrontare il concetto di Place branding – o più specificamente City branding, nel caso di Vanolo – recuperando la complessità e le contraddizioni di una pratica spesso analizzata nella sola dimensione del “fare”. Da questo punto di vista i volumi offrono un contributo prezioso, rispondendo al bisogno una lettura geografica e analitica di un tema diffusamente affrontato in una prospettiva limitata al marketing e al policy making. Nelle parole degli autori, Cecilia Pasquinelli è mossa dall’esigenza di “fare ordine nel dibattito sul place branding” (p. 18) superando “l’incomunicabilità tra le diverse agende di ricerca” (p. 17), mentre Alberto Vanolo si propone di “bridging the gap between critical urban studies and urban branding” (p. 20).
Focalizzati su tematiche simili, concepiti sulla base di analoghe motivazioni e pubblicati a distanza di pochi mesi l’uno dall’altro, i due volumi presentano inevitabilmente una serie di tratti comuni. Entrambi propongono una ricostruzione del dibattito sul place branding, ripercorrendo le diverse prospettive che lo hanno animato. Entrambi mettono in evidenza il carattere intangibile del place branding, la necessaria parzialità delle rappresentazioni che propone rispetto alla complessità dei luoghi, e al tempo stesso, la sua rilevanza nei processi di definizione delle identità territoriali. Entrambi fanno riferimento ad alcune delle strategie di branding più diffuse negli ultimi anni, come ad esempio quelle legate all’innovazione e alle smart cities. Anche in termini stilistici, i volumi presentano un tratto comune nel ricorso frequente a diversi esempi di city branding, che consentono al lettore di accedere alle riflessioni concettuali a partire da esperienze concrete.
D’altro canto i volumi presentano anche un certo numero di caratteri distintivi, che li rendono prodotti decisamente diversi e in qualche misura complementari. Il volume di Cecilia Pasquinelli mira a riflettere sul place branding al fine di prospettarne uno sviluppo “che tenga insieme sia un’anima analitica che un’ambizione normativa” (p. 107). La riflessione critica e organica sul place branding è mirata ad aprire la strada a nuovi e più mirati interventi di policy, anche sulla base di una maggiore consapevolezza della specificità di questa pratica proprio in virtù della sua dimensione territoriale. Di conseguenza il volume approfondisce aspetti di particolare rilievo nella prospettiva delle politiche di place branding e più in generale di sviluppo dei territori, quali ad esempio la competizione territoriale o la definizione di “reti territoriali di brand” o “brand di rete”. 
Il volume di Alberto Vanolo è invece, prima di tutto “a book about city imaginaries and the politics behind their production, mobilization, circulation and manipulation” (p. 1). Da questo punto di vista il volume ha un respiro più ampio e un obiettivo più ambizioso rispetto alla sola analisi delle politiche e pratiche di place branding, che è quello di interrogarsi criticamente sul meccanismo attraverso cui immaginiamo i luoghi e ne acquisiamo conoscenza, in particolare nell’attuale contesto neoliberista e di accelerazione nella circolazione del capitale. Il volume dedica spazio a tematiche attuali e controverse, quali l’uso dei simboli e le “emotional geographies”, e gli aspetti critici degli esercizi di ranking e valutazione del city branding. La complessità dei processi e degli effetti del city branding, soprattutto per quanto riguarda le dinamiche di visibilità/invisibilità, viene descritta utilizzando l’efficace e potente metafora dei fantasmi. “it is possible to think of the construction and communication of positive representations of city as a ghostly play: some undesired elements are transformed into ghosts, and some ghosts (such as old identities, old buildings, old stories, old stereotypes or memories) are evoked and transformed into visible presences such as images, stories, slogans, tourist sites, etc. However, playing with ghosts (,…) is not simple and straightforward : many elements of a place image easily remain in-between the visible and the invisible, as kinds of ghosts” (p. 15). Vanolo dedica inoltre particolare attenzione alle dinamiche che si instaurano tra city branding e cittadinanza, avanzando l’ipotesi che possa configurarsi un “right to the brand” (p. 106), ossia un diritto dei cittadini a partecipare alla costruzione del brand, viste le implicazioni di queste pratiche per coloro che abitano determinati luoghi. Stilisticamente il libro è corredato da numerose immagini – spesso foto scattate dall’autore – e da una serie di utili box, che analizzano dettagliatamente alcune tematiche o esempi specifici. 
Entrambi i volumi si concludono con uno sguardo sul futuro. Coerentemente con le diverse prospettive adottate, l’accento è posto su aspetti diversi anche se complementari: Pasquinelli si focalizza sulle opportunità che “si intravedono nei futuri sviluppi del place branding” (p. 108), confermando una prospettiva focalizzata sul contributo che la ricerca analitica può offrire alla dimensione di policy; Vanolo mette invece in evidenza alcune possibili linee di ricerca futura, che potrebbero costituire importanti ambiti di approfondimento per una sempre maggiore consapevolezza sulle pratiche e politiche di city branding e sulle sue implicazioni. I volumi di Alberto Vanolo e di Cecilia Pasquinelli offrono, ciascuno a suo modo, una lettura piacevole e ricca di spunti di riflessione, sia per gli esperti di questa tematica, sia per coloro che volessero accostarsi per la prima volta alle dinamiche, contraddizioni e opportunità derivanti dalla diffusa pratica del place branding