di André Gorz
Orthotes, 2015
L'intento primario di questa nuova traduzione di "Ecologia e libertà" (1977) è quello di favorire il rilancio del dibattito italiano sull’opera del fondatore dell'ecologia politica André Gorz. E' un libro straordinariamente anticipatore. In esso la crisi della natura non si pone come esterna all'economia, alla società, alla politica; ne è semmai il volto estremo, il sintomo inaggirabile. André Gorz è tra i primi a pensare la questione ambientale nella sua non-autosufficienza, nella sua impossibilità a spiegarsi da sé: essa dischiude infatti una crisi del produttivismo occidentale e del capitalismo industriale che possiede un'origine storica e che richiede una soluzione politica. Tale soluzione, peraltro, non fornisce alcuna garanzia sulla desiderabilità o meno del suo esito: il testo torna a più riprese sul rischio concreto di una deriva tecnofascista, cioè di una risposta autoritaria alle sfide ecologiche. Il degrado degli equilibri biosferici schiude infatti uno scenario fortemente polarizzato: alla tentazione dispotica deve far fronte un progetto sociale complessivo capace di coniugare la sostenibilità ambientale e l'autonomia individuale e collettiva. Il nesso tra ecologia e libertà, dunque, non si dà in natura - non sta nelle cose: bisogna produrlo, curarlo, difenderlo.
Recensione (di Roberta Gemmiti):Va reso merito ad Emanuele Leonardi per aver riproposto, in una nuova traduzione, il volume di André Gorz “Écologie et Liberté” a quasi quarant’anni dalla prima pubblicazione (Parigi, Editions Galilée, 1977). L’obiettivo del curatore è quello di rilanciare il dibattito sul pensiero di Gorz ma non si può non scorgervi anche la speranza di apportare nuove strumenti alle molte discipline, geografia compresa, che stanno tentando di rifondare l’idea della natura e della relazione uomo-natura.
Andrè Gorz è una splendida figura di uomo e di intellettuale della sinistra francese ed europea. Filosofo politico e della società, economista, giornalista, pioniere dell’ecologismo e fondatore dell’ecologia politica; molto vicino a J. P. Sartre, tanto da aver partecipato alla direzione della rivista Les Tempes Modernes, è stato cofondatore de Le Nouvel Observateur; attivista e teorico al contempo, il suo pensiero si è nutrito del dubbio, evolvendo attraverso una ricerca continua che tuttavia lo ha lasciato sempre coerente, fedele a se stesso. Credo che per comprenderne appieno la personalità valga la pena di leggere la lettera scritta, alla bella età di quasi ottantaquattro anni, poco prima di morire con lei, a sua moglie Dorine, una delle più belle pagine d’amore che un uomo abbia scritto alla propria compagna di vita (Lettre à D. Histoire d’un amour” pubblicata nel 2006 e pubblicata in Italia da Sellerio).
Il volume curato da Emanuele Leonardi si apre con una diffusa e introduzione al pensiero dell’Autore, in cui il curatore tratteggia il pensiero gorziano attraverso i concetti e le categorie di analisi più significative: questione ambientale, lavoro e trasformazione del lavoro, istituzioni, Stato, potere, sviluppo capitalistico. Il lavoro di Leonardi è apprezzabile perché aggiunge, con passione, diversi elementi attraverso il richiamo a scritti precedenti e successivi ad Ecologia e Libertà, arricchendo la presentazione dell’ecologia politica e chiarendo, se mai ce ne fosse bisogno, come si tratti ancora di un tema di incredibile attualità e di urgente utilità.
“The point is not to refrain from consuming more and more, but to consume less and less…”. Non si tratta di “non consumare sempre di più ma di consumare sempre di meno: non c’è altro modo di gestire le risorse naturali affinché ne godano anche le generazioni future” (p. 39). Già in queste frasi si legge l’attualità del pensiero di Gorz, ed è facile sentire riecheggiare pensieri e frasi diverse ma uguali scritte a più riprese in anni recenti.
La trasformazione della società è improcrastinabile, l’inganno ormai è svelato: il “realismo ecologico” di Gorz è una critica spietata alla presunzione della scienza in generale e dell’economia in particolare che, sia classica sia marxista, ha da sempre rigettato il tema del futuro. In questo senso a Gorz è sufficiente citare Keynes (p. 38) “Nel lungo termine saremo tutti morti” per sintetizzare l’attenzione posta dall’economia per le future possibilità di sviluppo. La crisi ambientale non è astratta dalla società, dall’economia, dalla politica ma piuttosto è la manifestazione evidente dello stallo del paradigma capitalistico basato sulla crescita. Quella che Egli descrive negli anni dello shock petrolifero non è una semplice crisi economica né ambientale, ma qualcosa di drammaticamente più ampio e complesso: è una “crisi del rapporto tra gli individui e la sfera economica; crisi del lavoro; crisi del nostro rapporto con la natura, con i corpi, con l’altro sesso, con la società, con le generazioni a venire, con la storia; crisi della vita urbana, dell’habitat, della medicina, della scuola, della scienza (p. 38).
L’intuizione di Gorz, in quegli anni, è straordinaria: la questione ambientale ha una origine storica di tipo sociale ed economico ed esige una soluzione politica. Lo shock petrolifero degli anni Settanta non ha causato la crisi economica ma ha rivelato la logica perversa del capitalismo, che ha “generato scarsità assolute: nel tentativo di superare gli ostacoli economici alla crescita, lo sviluppo capitalistico ha fatto nascere degli ostacoli fisici” (p. 55).
La feroce analisi dei meccanismi che il capitalismo mette continuamente in atto per salvare se stesso ( si veda la trattazione del tema della povertà nei paesi ricchi come fenomeno prodotto e riprodotto per rendere tangibile la disuguaglianza sociale ed accettabile la gerarchia dei poteri e delle funzioni) non consente che due sole possibilità di soluzione. Appoggiandosi alle idee di Ivan Illich, Gorz vede l’opzione “conviviale” come possibile alternativa a quell’approccio cosiddetto “tecno-fascismo”, rappresentato dalle soluzioni tecniche, ingegneristiche, architettoniche, quantitative ed economicistiche (in quegli anni già ben rappresentate dai rapporti pubblicati dal Club di Roma) affidate “ad istituzioni centralizzate e a tecnologie oppressive” (p. 44), con nuovi strumenti di potere giustificati, paradossalmente, proprio dall’esigenza di proteggere la natura.
Il legame tra ‘più’ e ‘meglio’ si è spezzato. ‘Meglio può essere ottenuto anche con meno” (p. 79). “Meglio può essere meno: creare pochi bisogni minimali, soddisfarli con il minor dispendio possibile di materia, energia e lavoro, provocando il minor grado di nocività possibile” (p. 59). La convivialità è il contrario della produttività, è il paradigma dell’autogestione e della riconquista dell’autonomia e della creatività dell’individuo come condizione essenziale per la trasformazione della società, è una delle opzioni dell’anticapitalismo. E’ una delle possibilità che Gorz mette in campo per illustrare l’esigenza di cambiare il sistema. L’ecologia politica di Gorz, come bene dice Leonardi, è “immaginazione pratica di un futuro non segnato dall’imperativo capitalistico della massimizzazione del profitto ad ogni costo” (p. 18).
Si potrebbe obiettare, come fa Gorz stesso, che la riduzione della crescita potrebbe aggravare la povertà e le disuguaglianze sociali. Ma risponde ancora, “da che cosa mai si è desunto che la crescita cancella le disuguaglianze? Le statistiche mostrano piuttosto il contrario” (p. 39) ed è indubbiamente difficile dargli torto. Si potrebbe obiettare che quella prospettata è soltanto un’utopia, come Gorz non manca di farci notare, immediatamente dopo convincendoci del fatto che “L’utopia oggi non consiste affatto nel preconizzare il benessere attraverso la decrescita ed il sovvertimento dell’attuale modo di vita; l’utopia consiste nel credere che la crescita della produzione sociale possa ancora condurre ad un miglioramento del benessere, che essa sia materialmente possibile” (p. 40).
Parole lapidarie, che lasciano poco spazio alla fantasia a distanza di qualche decennio dal momento in cui sono state scritte. Allora, come dice il curatore, bisogna che ciascuno di noi si prepari al meglio in questa difficile lotta per il cambiamento e questo libro, i mille spunti contenuti, le sue sorprendenti verità ed i disperati appelli è uno strumento straordinario per chi voglia allargare gli orizzonti delle proprie convinzioni e mettere in moto anche una piccola parte della fantasia e dell’umanità necessaria a creare un mondo più giusto.
Orthotes, 2015
L'intento primario di questa nuova traduzione di "Ecologia e libertà" (1977) è quello di favorire il rilancio del dibattito italiano sull’opera del fondatore dell'ecologia politica André Gorz. E' un libro straordinariamente anticipatore. In esso la crisi della natura non si pone come esterna all'economia, alla società, alla politica; ne è semmai il volto estremo, il sintomo inaggirabile. André Gorz è tra i primi a pensare la questione ambientale nella sua non-autosufficienza, nella sua impossibilità a spiegarsi da sé: essa dischiude infatti una crisi del produttivismo occidentale e del capitalismo industriale che possiede un'origine storica e che richiede una soluzione politica. Tale soluzione, peraltro, non fornisce alcuna garanzia sulla desiderabilità o meno del suo esito: il testo torna a più riprese sul rischio concreto di una deriva tecnofascista, cioè di una risposta autoritaria alle sfide ecologiche. Il degrado degli equilibri biosferici schiude infatti uno scenario fortemente polarizzato: alla tentazione dispotica deve far fronte un progetto sociale complessivo capace di coniugare la sostenibilità ambientale e l'autonomia individuale e collettiva. Il nesso tra ecologia e libertà, dunque, non si dà in natura - non sta nelle cose: bisogna produrlo, curarlo, difenderlo.
Recensione (di Roberta Gemmiti):Va reso merito ad Emanuele Leonardi per aver riproposto, in una nuova traduzione, il volume di André Gorz “Écologie et Liberté” a quasi quarant’anni dalla prima pubblicazione (Parigi, Editions Galilée, 1977). L’obiettivo del curatore è quello di rilanciare il dibattito sul pensiero di Gorz ma non si può non scorgervi anche la speranza di apportare nuove strumenti alle molte discipline, geografia compresa, che stanno tentando di rifondare l’idea della natura e della relazione uomo-natura.
Andrè Gorz è una splendida figura di uomo e di intellettuale della sinistra francese ed europea. Filosofo politico e della società, economista, giornalista, pioniere dell’ecologismo e fondatore dell’ecologia politica; molto vicino a J. P. Sartre, tanto da aver partecipato alla direzione della rivista Les Tempes Modernes, è stato cofondatore de Le Nouvel Observateur; attivista e teorico al contempo, il suo pensiero si è nutrito del dubbio, evolvendo attraverso una ricerca continua che tuttavia lo ha lasciato sempre coerente, fedele a se stesso. Credo che per comprenderne appieno la personalità valga la pena di leggere la lettera scritta, alla bella età di quasi ottantaquattro anni, poco prima di morire con lei, a sua moglie Dorine, una delle più belle pagine d’amore che un uomo abbia scritto alla propria compagna di vita (Lettre à D. Histoire d’un amour” pubblicata nel 2006 e pubblicata in Italia da Sellerio).
Il volume curato da Emanuele Leonardi si apre con una diffusa e introduzione al pensiero dell’Autore, in cui il curatore tratteggia il pensiero gorziano attraverso i concetti e le categorie di analisi più significative: questione ambientale, lavoro e trasformazione del lavoro, istituzioni, Stato, potere, sviluppo capitalistico. Il lavoro di Leonardi è apprezzabile perché aggiunge, con passione, diversi elementi attraverso il richiamo a scritti precedenti e successivi ad Ecologia e Libertà, arricchendo la presentazione dell’ecologia politica e chiarendo, se mai ce ne fosse bisogno, come si tratti ancora di un tema di incredibile attualità e di urgente utilità.
“The point is not to refrain from consuming more and more, but to consume less and less…”. Non si tratta di “non consumare sempre di più ma di consumare sempre di meno: non c’è altro modo di gestire le risorse naturali affinché ne godano anche le generazioni future” (p. 39). Già in queste frasi si legge l’attualità del pensiero di Gorz, ed è facile sentire riecheggiare pensieri e frasi diverse ma uguali scritte a più riprese in anni recenti.
La trasformazione della società è improcrastinabile, l’inganno ormai è svelato: il “realismo ecologico” di Gorz è una critica spietata alla presunzione della scienza in generale e dell’economia in particolare che, sia classica sia marxista, ha da sempre rigettato il tema del futuro. In questo senso a Gorz è sufficiente citare Keynes (p. 38) “Nel lungo termine saremo tutti morti” per sintetizzare l’attenzione posta dall’economia per le future possibilità di sviluppo. La crisi ambientale non è astratta dalla società, dall’economia, dalla politica ma piuttosto è la manifestazione evidente dello stallo del paradigma capitalistico basato sulla crescita. Quella che Egli descrive negli anni dello shock petrolifero non è una semplice crisi economica né ambientale, ma qualcosa di drammaticamente più ampio e complesso: è una “crisi del rapporto tra gli individui e la sfera economica; crisi del lavoro; crisi del nostro rapporto con la natura, con i corpi, con l’altro sesso, con la società, con le generazioni a venire, con la storia; crisi della vita urbana, dell’habitat, della medicina, della scuola, della scienza (p. 38).
L’intuizione di Gorz, in quegli anni, è straordinaria: la questione ambientale ha una origine storica di tipo sociale ed economico ed esige una soluzione politica. Lo shock petrolifero degli anni Settanta non ha causato la crisi economica ma ha rivelato la logica perversa del capitalismo, che ha “generato scarsità assolute: nel tentativo di superare gli ostacoli economici alla crescita, lo sviluppo capitalistico ha fatto nascere degli ostacoli fisici” (p. 55).
La feroce analisi dei meccanismi che il capitalismo mette continuamente in atto per salvare se stesso ( si veda la trattazione del tema della povertà nei paesi ricchi come fenomeno prodotto e riprodotto per rendere tangibile la disuguaglianza sociale ed accettabile la gerarchia dei poteri e delle funzioni) non consente che due sole possibilità di soluzione. Appoggiandosi alle idee di Ivan Illich, Gorz vede l’opzione “conviviale” come possibile alternativa a quell’approccio cosiddetto “tecno-fascismo”, rappresentato dalle soluzioni tecniche, ingegneristiche, architettoniche, quantitative ed economicistiche (in quegli anni già ben rappresentate dai rapporti pubblicati dal Club di Roma) affidate “ad istituzioni centralizzate e a tecnologie oppressive” (p. 44), con nuovi strumenti di potere giustificati, paradossalmente, proprio dall’esigenza di proteggere la natura.
Il legame tra ‘più’ e ‘meglio’ si è spezzato. ‘Meglio può essere ottenuto anche con meno” (p. 79). “Meglio può essere meno: creare pochi bisogni minimali, soddisfarli con il minor dispendio possibile di materia, energia e lavoro, provocando il minor grado di nocività possibile” (p. 59). La convivialità è il contrario della produttività, è il paradigma dell’autogestione e della riconquista dell’autonomia e della creatività dell’individuo come condizione essenziale per la trasformazione della società, è una delle opzioni dell’anticapitalismo. E’ una delle possibilità che Gorz mette in campo per illustrare l’esigenza di cambiare il sistema. L’ecologia politica di Gorz, come bene dice Leonardi, è “immaginazione pratica di un futuro non segnato dall’imperativo capitalistico della massimizzazione del profitto ad ogni costo” (p. 18).
Si potrebbe obiettare, come fa Gorz stesso, che la riduzione della crescita potrebbe aggravare la povertà e le disuguaglianze sociali. Ma risponde ancora, “da che cosa mai si è desunto che la crescita cancella le disuguaglianze? Le statistiche mostrano piuttosto il contrario” (p. 39) ed è indubbiamente difficile dargli torto. Si potrebbe obiettare che quella prospettata è soltanto un’utopia, come Gorz non manca di farci notare, immediatamente dopo convincendoci del fatto che “L’utopia oggi non consiste affatto nel preconizzare il benessere attraverso la decrescita ed il sovvertimento dell’attuale modo di vita; l’utopia consiste nel credere che la crescita della produzione sociale possa ancora condurre ad un miglioramento del benessere, che essa sia materialmente possibile” (p. 40).
Parole lapidarie, che lasciano poco spazio alla fantasia a distanza di qualche decennio dal momento in cui sono state scritte. Allora, come dice il curatore, bisogna che ciascuno di noi si prepari al meglio in questa difficile lotta per il cambiamento e questo libro, i mille spunti contenuti, le sue sorprendenti verità ed i disperati appelli è uno strumento straordinario per chi voglia allargare gli orizzonti delle proprie convinzioni e mettere in moto anche una piccola parte della fantasia e dell’umanità necessaria a creare un mondo più giusto.