Connectography. Le mappe del futuro ordine mondiale

di Parag Khanna
Fazi editore, 2016

Da Singapore, il famoso stratega geopolitico indiano Parag Khanna si è spostato verso le mete più disparate, dall’Ucraina all’Iran, dalle miniere della Mongolia a Nairobi, dalle coste atlantiche al circolo polare artico. Grazie ai suoi viaggi ha avuto modo di osservare i mutamenti epocali che stanno investendo il mondo. Migrazioni, megalopoli, Zone Economiche Speciali, comunicazioni e cambiamenti climatici stanno ridisegnando la geografia planetaria: gli Stati non sono più definiti dai loro confini, bensì dai flussi di persone e di legami finanziari, commerciali ed energetici che quotidianamente li attraversano. In questo scenario anche lo scontro fra potenze assume nuove forme. Connectography è una mappa dettagliatissima che ci offre una lucida analisi del presente e propone una visione ottimistica del futuro che ci attende: un mondo in cui le linee che lo connettono sono molte di più di quelle che lo separano.

Recensione (di Stefano De Falco): 
Un dilemma che attanaglia le diverse correnti di pensiero in merito alle più idonee modalità di fruizione delle opere d’arte, libri inclusi, spesso si concentra sulla scelta tra valorizzazione o condizionamento che la conoscenza della vita dell’artista/autore può apportare. Certamente nel caso del libro Connectography, tradotto ed edito in Italia da Fazi, si può constatare come la vita stessa dell’autore, il quarantenne indiano Parag Khanna, ricalchi le tesi dell’opera d’arte proposta, in quanto egli stesso vive nella città digitale e globale, per citare la Sassen, di Singapore e negli ultimi venti anni è stato quasi sempre in viaggio per modellare sul campo le sue teorie. In realtà, in classica sequenza hegeliana di tesi, antitesi e sintesi, il volume propone un paradigma, già evidente nel suo titolo, che può sembrare solo inizialmente appassionante considerando che ormai in effetti il networking risulta essere un tema ampiamente dibattuto benché sempre attuale, per poi, infine, realmente confermare, invece, una consistenza interessante e inaspettata dei contenuti proposti in relazione al fatto che l’approccio non è declinato esclusivamente al campo delle connessioni telematiche, ma palesa scenari in tutto lo spettro delle frequenze di analisi del fenomeno di connessione, in termini di metropoli, autostrade, pipeline, e lo fa citando numeri reali rappresentativi della realtà in essere e in divenire.
Dopo diversi secoli anni dalla pace di Vestfalia, che rappresenta, sancito da quel motto cuius regio eius religio, storicamente un riferimento temporale cui agganciare la nascita degli stati sovrani, l’autore propone un nuovo disegno della geografia planetaria basata non su confini politici ma su infrastrutture che "superano gli ostacoli della geografia naturale e di quella politica", riorganizzando il mondo "non più secondo lo spazio politico ma secondo lo spazio funzionale".
Le argomentazioni affrontate nel volume rappresentano, per dirla matematicamente, un insieme separato e contiguo con l’altro insieme costituito da quelle espresse precedentemente negli altri due volumi dell’autore, I tre imperi, “un tour della nuova arena geopolitica nella quale diverse superpotenze competono per l’influenza in grandi regioni affette da instabilità e divisioni”, come lui stesso dice, e Come si governa il mondo che proprio nelle conclusioni lanciava già un endorsement al successivo libro parlando, appunto, di “crescita esponenziale e volontaria delle connessioni”.
Il passaggio cardine, non a caso esplicitato proprio all’inizio del volume da parte di Khanna, nella narrazione della nuova geopolitica mondiale, è relativo alla transizione da una geografia politica ad una geografia funzionale. In tale transizione si può caratterizzare pienamente una geografia della innovazione che a sua volta ricalca quella umana in divenire. 
Tra le righe del testo si scorge la neanche troppo velata enfasi che l’autore pone sulla geografia funzionale e in questo senso non si pone come un narratore-cronista degli eventi attuali, ma prende posizione evidenziando a partire dalla fase post coloniale gli effetti positivi di una integrazione funzionale individuando la possibilità di un path evolutivo geografico che veda nell’imminente futuro un passaggio da un remapping esclusivo ad uno di tipo invece inclusivo.
Il Khanna pensiero, nella forma proposta nel presente volume, potrebbe essere letto in relazione alla considerazione che la società per come oggi è intesa risulta essere caratterizzata dai quattro pilastri fondamentali, che poi sono ancora gli stessi che connotarono centinaia di migliaia di anni fa la supremazia degli homo sapiens sui Neanderthal, ossia quella di essere politicamente centralizzata, socialmente stratificata, economicamente complessa e tecnologicamente avanzata, con la sottolineatura del fatto che però nel contesto attuale l’ultimo asset, quello della tecnologia, risulta avere una dinamica parecchio superiore agli altri. Come conseguenza di ciò “in questa nuova era il mondo de jure dei confini politici (sociali ed economici, ndr) sta per essere sostituito dal mondo de facto delle connessioni funzionali”.
Alcune evidenze di tipo scientifico ormai consolidate, pensando nuovamente alle città globali di Saksia Sassen, nel volume si ritrovano, come quelle relative agli effetti di metropolizzazione ad opera della supply chain, le quali evidenziano quello che a prima vista può sembrare un paradigma ossimorico, appunto già visto in Sassen, inerente la profilazione di un mondo sempre più connesso ma, allo stesso, sempre più concentrato che prefigura topologicamente ad una rete sempre più magliata i cui nodi cardine sono ad altissima densità.
Se le infrastrutture ICT hanno rappresentato una svolta in termini tecnologici, dal punto di vista della capacità attrazione di interesse e di curiosità del lettore, le infrastrutture ferroviarie, i “corridoi di transito su rotaia”, come li descrive Khanna, rivestono sicuramente un elemento importante di fascino e di immaginazione che sprona, meglio di altre infrastrutture, il lettore stesso anche a visitarle poi fisicamente. E nel volume la strategia di sviluppo di tali “corridoi”, in forma avanzatissima ovviamente, che “rende gli spostamenti ferroviari sempre più simili a quelli arerei”, in diversi paesi del mondo, è ben rappresentata in quella che l’autore chiama “una nuova età del ferro”.
La parte conclusiva del volume è focalizzata sulla geografia umana nel suo rapporto con l’iperglobalizzazione mondiale e in alcuni punti relativi al nuovo lavoro digitale ed agli effetti di un passaggio ad una modalità non più labor intensive, riemergono, ad essere sinceri, argomentazioni già note dal testo di Enrico Moretti, La nuova geografia del lavoro, 2012, edito Mondadori.
Diverse mappe complimentano il volume e aggiungono valore all’opera.
Per il successo avuto in tutto il mondo, ovviamente può sembrare azzardato e inopportuno muovere qualche critica a tale testo, tuttavia nella sola veste di mero lettore, esulando da considerazioni scientifiche, come giudizio soggettivo, benché anche condiviso con altri lettori (in numero assolutamente statisticamente non significativo) va rilevato che probabilmente il numero di pagine risulta eccessivo rispetto al paradigma che propone e che qualche ridondanza concettuale emerge.
Altra piccola considerazione su qualche esternalità negativa della lettura, rispetto alla tante evidenziate positivamente, è che, in convergenza rispetto alle posizioni dominanti del dibattito scientifico internazionale, un focus sulle riverberazioni della importanza della prossimità geografica, comunque presenti ed evidenti anche in un mondo iperconnesso, andava probabilmente rimarcato maggiormente.