di Luca Bonardi e Mauro Varotto
Franco Angeli, 2016
La presenza di versanti terrazzati a fini agricoli mostra in Italia aspetti di indubbia straordinarietà, in termini di superfici occupate e di varietà tipologiche. Il libro rende ragione di un'articolata distribuzione in rapporto ai fattori geologici, morfologici e climatico-ambientali, nonché alla luce delle specificità regionali dei processi insediativi, demografici e socio-economici. Le profonde trasformazioni che hanno investito i rilievi alpini, appenninici e insulari soprattutto a partire dal secolo scorso, hanno comportato un destino di prevalente abbandono dei terrazzamenti, anche se con modalità di risposta diverse a seconda dei casi, e con non pochi esempi di resistenza, cui si sono affiancate negli ultimi anni esperienze di recupero e valorizzazione. Le analisi dei processi di genesi storica e adattamento ambientale, delle forze sociali ed economiche che ne regolano l'evoluzione, restituiscono in questo volume le grandi questioni conoscitive che i paesaggi terrazzati pongono.
Recensione (di Tiziano Moretti):
Fin dagli albori della loro storia, gli esseri umani hanno modificato il paesaggio terrestre. La realizzazione dei terrazzamenti è una delle pratiche che meglio testimonia di questa radicata consuetudine: dal bacino del Mediterraneo alla regione andina, dal Medio Oriente all’Asia meridionale il terrazzamento testimonia l’impegno di intere generazioni per piegare un ambiente naturale spesso ostile. Sono diversi i fattori che concorrono a definire le tipologie dei terrazzamenti. Accanto alle peculiarità climatiche, infatti, devono essere considerate anche le caratteristiche geologiche, morfologiche e pedologiche del territorio. Sono tutti elementi che hanno intrecciato un complesso rapporto con le esigenze delle diverse comunità umane spinte alla realizzazione dei terrazzamenti non solo per ragioni legate all’agricoltura, ma anche per prevenire, allo stesso tempo, i rischi non trascurabili rappresentati dal disseto idrogeologico. Millenni di storia hanno, così, creato un grandioso insieme di paesaggi culturali che costituiscono, ormai, un bene in sé, al di là dell’uso agricolo che, ancor oggi, interessa molti dei terrazzamenti realizzati con pazienza nel corso dei secoli passati. Di questa straordinaria geografia culturale, l’Italia, con la sua complessa e sfaccettata realtà geomorfologica, può vantare un numero considerevole di esempi che si estendono da Nord a Sud, dall’area alpina fino alla Sicilia. La rivelazione della ricchezza di questo impressionante patrimonio è l’esperienza che è possibile vivere attraverso le pagine del volume curato da Luca Bonardi e Mauro Varotto, geografi universitari attivi rispettivamente a Milano e a Padova. L’opera si compone sostanzialmente di due parti. La prima affronta le principali tappe della secolare vicenda del terrazzamento in Italia, la seconda, corredata di belle fotografie e di un accurato apparato cartografico, conduce il lettore attraverso alcune tra le tante realtà che costituiscono questo inestimabile patrimonio paesaggistico. Il risultato è un libro interessante quanto avvincente, in cui il rigore dello studioso si accompagna al talento del narratore mosso dalla passione per le tante storie raccolte nel corso di questo singolare viaggio. Come in altre regioni del mondo, anche in Italia, il terrazzamento è il frutto di un tenace radicamento nel territorio che ha giocato un ruolo fondamentale nella realtà socio-economica di vaste aree della Penisola. Questa antica tradizione ha conosciuto una crisi profonda durante il boom economico del dopoguerra, in coincidenza con la fuga dalle campagne che ha fornito le braccia richieste dallo sviluppo industriale degli Anni Sessanta. Intere aree collinari e montuose hanno conosciuto, così, uno spopolamento che ha posto fine non solo alla tradizionale economia agricola, ma ha infranto il secolare equilibrio ambientale lasciando esposte intere aree alle conseguenze di una realtà idrogeologica fuori da ogni controllo. Più recentemente, però, per effetto della crescente consapevolezza nei confronti dei problemi ambientali e della crisi economica che ha spinto molti giovani a riscoprire la terra come valida prospettiva per costruire un futuro meno incerto, le vicende delle aree terrazzate italiane sembrano aver mutato direzione. Una nuova vita sembra ora animarle, una ritrovata vocazione agricola all’insegna dello sviluppo sostenibile e della tutela dell’ambiente. La valorizzazione del patrimonio culturale e dei saperi artigianali attirano i visitatori in cerca di un incontro meno frettoloso e superficiale con le tante realtà locali che costituiscono una risorsa di inestimabile valore per l’Italia. Vediamone alcune di queste realtà come esempi significativi per comprendere la ricchezza di documenti raccolti in questo libro. Partiamo da Nord, dal villaggio di Ghesc, nell’Ossola, dove un’associazione si occupa del recupero del patrimonio architettonico. “L’Associazione Canova organizzatrice del workshop ha per obiettivo il recupero e la valorizzazione dell’architettura rurale in pietra. […] L’azione dell’associazione è mossa dalla convinzione che l’architettura in pietra può offrire all’uomo moderno un ambiente abitativo perfettamente adeguato e, in molti casi, persino superiore rispetto alle soluzioni abitative attuali, recuperando l’edificio storico e mantenendo lo standard dei fabbisogni odierni” (p. 156). Spostiamoci, quindi, verso la Valpolicella, una delle regioni più importanti d’Italia per la produzione vinicola. “Perdersi nel borgo di San Giorgio è perdersi in un continuo e plastico richiamo alla capacità delle genti locali di lavorare la pietra raccolta in loco, modellata a mano secondo saperi e tecniche tramandate nei secoli. La pietra non supporta qui soltanto l’edificato, bensì esce dall’abitato per popolare i declivi terrazzati delle valli, a comporre muretti a secco che in Valpolicella, e nell’intera Lessinia, prendono il nome di marogne” (p. 134). La Valtellina offre un esempio di recupero di un territorio che ha subito l’esodo della popolazione in cerca di lavoro nelle industrie del fondovalle: “Interessante è l’attivazione delle comunità locali ai fini del recupero ambientale […] In essa è previsto l’intervento su terreni agricoli abbandonati e quindi su terrazzamenti, attraverso il recupero di aree incolte in zona DOCG quale presupposto per la coltivazione, anche biologica, di vigneto autoctono e, infine, degli alpeggi in quota” (p. 152). Dalle Cinque Terre giunge la testimonianza di una giovane donna, Margherita, che dopo aver vissuto all’estero ha scelto di ritornare nella sua terra, duramente colpita dall’alluvione del 2011: “Dopo l’alluvione, le cui conseguenze a valle sono state rese più gravi in seguito all’abbandono dei soprastanti versanti terrazzati, lasciando il terreno manchevole del sostegno dei muri a secco e della loro capacità drenante, Margherita, decide di trascorrere un anno a fianco del padre per apprendere la tecnica della costruzione a secco. […] Oggi è Margherita stessa a prendersi cura dei terrazzi concessi in comodato d’uso gratuito alla sua Associazione sopra il paese di Vernazza e farsi insegnate della tecnica di costruzione a secco” (p. 173). In questo modo è rinata un’antica tradizione perché, in passato, quando gli uomini andavano per mare spettava proprio alle donne la costruzione e la cura dei muretti a secco che caratterizzano il paesaggio di questa parte della Liguria. Muovendoci più a Sud è possibile incontrare altre realtà di straordinario interesse come avviene, ad esempio, per i paesi della Costiera Amalfitana: “Lì i treni non passano e non passeranno mai tra quelle rocce a strapiombo sul mare. Chi vive a Cetara, Atrani o Furore sa di vivere in una stretta della terra, chiusa tra cielo e mare, in case incastonate come gemme nella montagna. Ma sa anche che sono esattamente queste caratteristiche a rendere magici quei luoghi, che attirano ogni anno migliaia di turisti da tutto il mondo, e capisce così che la terra in cui è nato è il tesoro più grande che possa mai avere. È proprio questa presa di coscienza a spingere le nuove generazioni a riscoprire l’amore verso il proprio paese, a ritrovare la memori a di quel luogo, a preservarne il retaggio culturale che, a Minori come a Praiano, è simboleggiato e rappresentato dai terrazzamenti” (p. 202). Si tratta solo di alcuni esempi narrati del libro che illustrano la straordinaria realtà di un’Italia detta, talvolta, “minore”, ma non per questo meno importante dal punto di vista storico e paesaggistico. Per questa ragione, una volta chiuso il volume, è tempo di mettersi in viaggio per conoscere direttamente i luoghi così ben descritti in queste pagine.
Franco Angeli, 2016
La presenza di versanti terrazzati a fini agricoli mostra in Italia aspetti di indubbia straordinarietà, in termini di superfici occupate e di varietà tipologiche. Il libro rende ragione di un'articolata distribuzione in rapporto ai fattori geologici, morfologici e climatico-ambientali, nonché alla luce delle specificità regionali dei processi insediativi, demografici e socio-economici. Le profonde trasformazioni che hanno investito i rilievi alpini, appenninici e insulari soprattutto a partire dal secolo scorso, hanno comportato un destino di prevalente abbandono dei terrazzamenti, anche se con modalità di risposta diverse a seconda dei casi, e con non pochi esempi di resistenza, cui si sono affiancate negli ultimi anni esperienze di recupero e valorizzazione. Le analisi dei processi di genesi storica e adattamento ambientale, delle forze sociali ed economiche che ne regolano l'evoluzione, restituiscono in questo volume le grandi questioni conoscitive che i paesaggi terrazzati pongono.
Recensione (di Tiziano Moretti):
Fin dagli albori della loro storia, gli esseri umani hanno modificato il paesaggio terrestre. La realizzazione dei terrazzamenti è una delle pratiche che meglio testimonia di questa radicata consuetudine: dal bacino del Mediterraneo alla regione andina, dal Medio Oriente all’Asia meridionale il terrazzamento testimonia l’impegno di intere generazioni per piegare un ambiente naturale spesso ostile. Sono diversi i fattori che concorrono a definire le tipologie dei terrazzamenti. Accanto alle peculiarità climatiche, infatti, devono essere considerate anche le caratteristiche geologiche, morfologiche e pedologiche del territorio. Sono tutti elementi che hanno intrecciato un complesso rapporto con le esigenze delle diverse comunità umane spinte alla realizzazione dei terrazzamenti non solo per ragioni legate all’agricoltura, ma anche per prevenire, allo stesso tempo, i rischi non trascurabili rappresentati dal disseto idrogeologico. Millenni di storia hanno, così, creato un grandioso insieme di paesaggi culturali che costituiscono, ormai, un bene in sé, al di là dell’uso agricolo che, ancor oggi, interessa molti dei terrazzamenti realizzati con pazienza nel corso dei secoli passati. Di questa straordinaria geografia culturale, l’Italia, con la sua complessa e sfaccettata realtà geomorfologica, può vantare un numero considerevole di esempi che si estendono da Nord a Sud, dall’area alpina fino alla Sicilia. La rivelazione della ricchezza di questo impressionante patrimonio è l’esperienza che è possibile vivere attraverso le pagine del volume curato da Luca Bonardi e Mauro Varotto, geografi universitari attivi rispettivamente a Milano e a Padova. L’opera si compone sostanzialmente di due parti. La prima affronta le principali tappe della secolare vicenda del terrazzamento in Italia, la seconda, corredata di belle fotografie e di un accurato apparato cartografico, conduce il lettore attraverso alcune tra le tante realtà che costituiscono questo inestimabile patrimonio paesaggistico. Il risultato è un libro interessante quanto avvincente, in cui il rigore dello studioso si accompagna al talento del narratore mosso dalla passione per le tante storie raccolte nel corso di questo singolare viaggio. Come in altre regioni del mondo, anche in Italia, il terrazzamento è il frutto di un tenace radicamento nel territorio che ha giocato un ruolo fondamentale nella realtà socio-economica di vaste aree della Penisola. Questa antica tradizione ha conosciuto una crisi profonda durante il boom economico del dopoguerra, in coincidenza con la fuga dalle campagne che ha fornito le braccia richieste dallo sviluppo industriale degli Anni Sessanta. Intere aree collinari e montuose hanno conosciuto, così, uno spopolamento che ha posto fine non solo alla tradizionale economia agricola, ma ha infranto il secolare equilibrio ambientale lasciando esposte intere aree alle conseguenze di una realtà idrogeologica fuori da ogni controllo. Più recentemente, però, per effetto della crescente consapevolezza nei confronti dei problemi ambientali e della crisi economica che ha spinto molti giovani a riscoprire la terra come valida prospettiva per costruire un futuro meno incerto, le vicende delle aree terrazzate italiane sembrano aver mutato direzione. Una nuova vita sembra ora animarle, una ritrovata vocazione agricola all’insegna dello sviluppo sostenibile e della tutela dell’ambiente. La valorizzazione del patrimonio culturale e dei saperi artigianali attirano i visitatori in cerca di un incontro meno frettoloso e superficiale con le tante realtà locali che costituiscono una risorsa di inestimabile valore per l’Italia. Vediamone alcune di queste realtà come esempi significativi per comprendere la ricchezza di documenti raccolti in questo libro. Partiamo da Nord, dal villaggio di Ghesc, nell’Ossola, dove un’associazione si occupa del recupero del patrimonio architettonico. “L’Associazione Canova organizzatrice del workshop ha per obiettivo il recupero e la valorizzazione dell’architettura rurale in pietra. […] L’azione dell’associazione è mossa dalla convinzione che l’architettura in pietra può offrire all’uomo moderno un ambiente abitativo perfettamente adeguato e, in molti casi, persino superiore rispetto alle soluzioni abitative attuali, recuperando l’edificio storico e mantenendo lo standard dei fabbisogni odierni” (p. 156). Spostiamoci, quindi, verso la Valpolicella, una delle regioni più importanti d’Italia per la produzione vinicola. “Perdersi nel borgo di San Giorgio è perdersi in un continuo e plastico richiamo alla capacità delle genti locali di lavorare la pietra raccolta in loco, modellata a mano secondo saperi e tecniche tramandate nei secoli. La pietra non supporta qui soltanto l’edificato, bensì esce dall’abitato per popolare i declivi terrazzati delle valli, a comporre muretti a secco che in Valpolicella, e nell’intera Lessinia, prendono il nome di marogne” (p. 134). La Valtellina offre un esempio di recupero di un territorio che ha subito l’esodo della popolazione in cerca di lavoro nelle industrie del fondovalle: “Interessante è l’attivazione delle comunità locali ai fini del recupero ambientale […] In essa è previsto l’intervento su terreni agricoli abbandonati e quindi su terrazzamenti, attraverso il recupero di aree incolte in zona DOCG quale presupposto per la coltivazione, anche biologica, di vigneto autoctono e, infine, degli alpeggi in quota” (p. 152). Dalle Cinque Terre giunge la testimonianza di una giovane donna, Margherita, che dopo aver vissuto all’estero ha scelto di ritornare nella sua terra, duramente colpita dall’alluvione del 2011: “Dopo l’alluvione, le cui conseguenze a valle sono state rese più gravi in seguito all’abbandono dei soprastanti versanti terrazzati, lasciando il terreno manchevole del sostegno dei muri a secco e della loro capacità drenante, Margherita, decide di trascorrere un anno a fianco del padre per apprendere la tecnica della costruzione a secco. […] Oggi è Margherita stessa a prendersi cura dei terrazzi concessi in comodato d’uso gratuito alla sua Associazione sopra il paese di Vernazza e farsi insegnate della tecnica di costruzione a secco” (p. 173). In questo modo è rinata un’antica tradizione perché, in passato, quando gli uomini andavano per mare spettava proprio alle donne la costruzione e la cura dei muretti a secco che caratterizzano il paesaggio di questa parte della Liguria. Muovendoci più a Sud è possibile incontrare altre realtà di straordinario interesse come avviene, ad esempio, per i paesi della Costiera Amalfitana: “Lì i treni non passano e non passeranno mai tra quelle rocce a strapiombo sul mare. Chi vive a Cetara, Atrani o Furore sa di vivere in una stretta della terra, chiusa tra cielo e mare, in case incastonate come gemme nella montagna. Ma sa anche che sono esattamente queste caratteristiche a rendere magici quei luoghi, che attirano ogni anno migliaia di turisti da tutto il mondo, e capisce così che la terra in cui è nato è il tesoro più grande che possa mai avere. È proprio questa presa di coscienza a spingere le nuove generazioni a riscoprire l’amore verso il proprio paese, a ritrovare la memori a di quel luogo, a preservarne il retaggio culturale che, a Minori come a Praiano, è simboleggiato e rappresentato dai terrazzamenti” (p. 202). Si tratta solo di alcuni esempi narrati del libro che illustrano la straordinaria realtà di un’Italia detta, talvolta, “minore”, ma non per questo meno importante dal punto di vista storico e paesaggistico. Per questa ragione, una volta chiuso il volume, è tempo di mettersi in viaggio per conoscere direttamente i luoghi così ben descritti in queste pagine.