Nord. Una città-regione globale

a cura di Paolo Perulli
Il Mulino, 2012

 L’agglomerazione delle attività produttive e la divisione mondiale del lavoro spingono da tempo verso la formazione di città-regioni globali. La crisi in atto potrebbe ulteriormente accelerare questo processo, per la necessità di concentrare le risorse. Un fenomeno che sta avvenendo anche nel Nord italiano, principale piattaforma economica del paese. Non la Padania pseudo-identitaria e localista ma, al contrario, una regione molto aperta, a scala sovralocale. La dimensione della rete (di città, di imprese, di infrastrutture, di servizi, di conoscenze, di flussi), che per sua natura non si lascia circoscrivere, diventa cruciale, insieme alla capacità di cooperare e competere alla pari con analoghe città-regioni in Europa e nel mondo.

Recensione (di Raffaella Coletti): 
“E se il Nord esistesse davvero?” Con queste parole si apre il volume curato da Paolo Perulli, che raccoglie una serie di ricerche che hanno in comune il tentativo di leggere il Nord Italia come global city-region.
Il punto di partenza dell’analisi, nel saggio introduttivo di Perulli, è la constatazione dell’ampliarsi e approfondirsi dei flussi che interconnettono città e imprese, e che pongono l’esigenza di individuare nuove scale di analisi e governo del territorio che superino i confini delle città o delle singole regioni amministrative. E’ in questo quadro che si inserisce il tentativo di definire una “città-regione globale” o “Macroregione” del Nord, sottolineando il suo “tessuto poli-nucleare che si infittisce in reti sempre meno circoscritte localmente” (p. 21) e i flussi globali che la attraversano e che si stanno dilatando. Perulli dedica la sua riflessione all’individuazione di alcuni punti chiave per un programma di ricerca attorno alle città, che consenta di rivedere l’dea della città generica adottando piuttosto una interpretazione della città come fenomeno plurale, superando un approccio riduttivo dello sviluppo locale in favore di modelli che diano conto della “varietà, molteplicità, pluralità di cui il nostro mondo è molto ricco” (p. 23). Occorre, secondo l’autore, rileggere la città come spazio di assemblaggio della società, “colmando il gap tra città definite dalle istituzioni e città definite dalle funzioni”(p. 27); nonché guardare le città come “relazione: come nodi entro reti relazionali tendenzialmente globali” (p. 28). In questo modo, diviene possibile comprendere meglio quello che avviene all’interno e all’esterno delle città, nelle reti globali, e immaginare livelli e strumenti di policy adeguati per indirizzare al meglio i processi in corso.
I contributi successivi del volume devono essere letti alla luce del quadro teorico e dell’agenda di ricerca tracciata dal saggio introduttivo di Perulli: l’ambito di riferimento scelto dagli autori è quello del Nord Italia, analizzato come insieme interconnesso attraverso l’approfondimento di specifici aspetti. Ma qual è il “Nord” cui gli autori fanno riferimento? Non esiste una unica definizione o delimitazione condivisa: i diversi saggi si declinano a scale diverse, e individuano diversi possibili attori chiave per la gestione presente e futura della città-regione globale del Nord.
I primi due contributi adottano esplicitamente una scala “sovra regionale”, sviluppando analisi che hanno per oggetto il “Nord Italia”.  Il contributo di Feltrin e Maset ripercorre l’evoluzione dello sviluppo territoriale dell’Italia a partire dall’unità alla ricerca dei fattori che hanno influito sul divario tra “Nord” e “Sud”, con un successivo approfondimento sulle dinamiche della popolazione nelle aree metropolitane del Nord; a questo si aggiunge un’analisi dell’evoluzione del sistema di reti e nodi in particolare nell’area centrale veneta. Un interessante risultato dello studio è la conferma che la dimensione dei flussi ha acquisito una rilevanza centrale sostanzialmente a partire dagli anni ’90, quando si evidenziano fenomeni di crescente centralità di alcune aree urbane in prossimità dei nodi creati alle intersezioni tra direttrici di scambio a livello internazionale, e la marginalizzazione relativa di altre aree.  A fronte di questi processi gli autori attribuiscono una rilevanza centrale alle funzioni di indirizzo e pianificazione del territorio da parte delle istituzioni regionali, al fine di garantire uno sviluppo coerente e armonico del territorio e delle città.
Il saggio di Garavaglia si concentra sui rapporti tra sistemi urbani nel Nord Italia, presentando i poli urbani e metropolitani come “fornitori di servizi avanzati” (p. 89) per la città-regione globale del Nord. L’autore analizza la dotazione di Funzioni Urbane Superiori nelle città metropolitane e medie del Nord, al fine di delineare una prima immagine del grado di competizione o di complementarietà tra l’offerta dei centri urbani e i sistemi produttivi territoriali. Nonostante la indubbia centralità di Milano i dati tendono a indicare un certo grado di specializzazione nei centri urbani, configurando il Nord come una “metropoli policentrica”. L’autore pone l’accento sulla collocazione della “città-regione globale” del Nord all’interno di uno stesso ambito nazionale, come elemento di vantaggio competitivo in virtù dell’uniformità delle modalità di regolazione pubblica e della condivisione di elementi culturali e comunitari. Sotto il profilo istituzionale, pur riconoscendo un ruolo centrale alle Regioni per “garantire la varietà interna al sistema” (p. 104), l’autore concentra l’attenzione sulle dinamiche dei singoli sistemi territoriali (e metropolitani in particolare).
Nel saggio successivo, Montanari e Bigi affrontano la creatività come leva di sviluppo a scala urbana: dopo una discussione sulle caratteristiche principali della creatività come processo sociale, il saggio propone un’analisi del capitale relazionale delle città come risorsa critica per sostenere lo sviluppo economico attraverso la creatività. L’analisi empirica, incentrata sui casi di Modena, Parma e Reggio Emilia, propone alcune interessanti evidenze in termini di caratteristiche delle dinamiche relazionali e centralità dei luoghi fisici dove avvengono gli scambi di idee tra i soggetti operanti sul territorio.
Il contributo di Parolin propone una riflessione sulle modalità attraverso cui si realizzano processi di innovazione nelle relazioni distrettuali nel quadro di sistemi produttivi interconnessi ai mercati globali. Il contributo si concentra in particolare sull’analisi del distretto del mobile della Brianza, ripercorrendo le fasi che hanno determinato una specifica innovazione di prodotto. L’autrice mostra come, nell’ambito di una media azienda che opera sul mercato globale e si appoggia a Milano per il suo sistema internazionale di design, giochi un ruolo centrale per le innovazioni incrementali la relazione con i fornitori, nell’ambito della “rete corta” distrettuale. Lo studio di caso mostra come il radicamento e la connessione con sistemi urbani in grado si assicurare i servizi ad alto valore aggiunto siano entrambi fattori necessari alla competitività delle medie imprese del Nord a scala globale.
Nel contributo di Samorè la rilevanza strategica dell’energia e l’opportunità per l’Italia di “divenire hub energetico per uno scenario assai più ampio della sola domanda nazionale” (p. 161) fanno da sfondo ad un approfondimento specifico sul tema delle utilities, analizzate in virtù delle loro peculiari caratteristiche di enti pubblico-privati e con particolare attenzione ai processi aggregativi che hanno sperimentato negli ultimi anni. La scala di riferimento auspicata per le filiere energetiche supera in questo caso i confini nazionali, adottando la definizione di Macroregioni diffusa in ambito europeo: spazi transnazionali con caratteristiche simili o affrontati a chiamare sfide comuni, “che consentano all’energia di dispiegare più compiutamente la funzione di civilizzazione, di costruzione di relazioni nella polis, al quale un periodo alto della storia novecentesca la richiama” (p. 176).
Il saggio di Taylor, infine, analizza il ruolo di Milano come città globale, dedicando attenzione particolare a “resistere alla tentazione delle retoriche ultra-globaliste che ci inducono a pensare di poter comprendere Milano come città nella globalizzazione indipendentemente dalla sua localizzazione in Italia” (p. 180). Il saggio affronta dunque in chiave comparativa i casi di due città italiane – Roma e Milano – sotto il profilo dei servizi offerti e della interconnessione con reti globali di città, confermando Milano come prima world city italiana (ma non escludendo possibili futuri rovesciamenti di fronte).
Complessivamente, il volume offre un’interessante panoramica di metodologie funzionali a cogliere le dinamiche in atto nei sistemi economici e territoriali e nelle città del Nord Italia. La varietà degli approcci e delle scale adottate nell’analisi non consentono comunque di rispondere compiutamente alla domanda posta all’inizio del volume: se un “Nord” esista davvero o non sia piuttosto interpretabile come un insieme di diversi “Nord”, come suggerito dal Rapporto della Società Geografica Italiana del 2010.  In ogni caso, da un punto di vista analitico il tentativo di leggere il Nord Italia come una città-regione globale offre l’indubbio vantaggio di cogliere fenomeni invisibili a scala locale o regionale; più controverse sono le eventuali implicazioni di policy che si voglia attribuire a una simile lettura: quali strumenti (e quali livelli) istituzionali sia opportuno valorizzare per “governare” le dinamiche in atto rimane una questione aperta.