Mondadori, 2011
La geopolitica esiste di fatto da quando esistono gli Stati. Ma fiorì come scienza nella prima metà del XX secolo e divenne uno strumento delle dittature di quegli anni; per questa ragione, dopo la seconda guerra mondiale, su di essa cadde il silenzio. Oggi la geopolitica ha riacquistato uno status scientifico e questo libro ne analizza la genesi prima e dopo la Grande guerra, l’ascesa e la caduta nelle dittature di Germania, Italia, Giappone, Spagna e Portogallo e, infine, la rinascita odierna. Il saggio si sofferma anche sulle vicende e sulle figure dei protagonisti della geopolitica: il coinvolgimento nazionalsocialista del generale e professore tedesco Karl Haushofer; la tragedia di suo figlio Albrecht, funzionario nazista e resistente; l’aviatore italiano Giulio Douhet, teorico dei bombardamenti a tappeto; lo storico spagnolo Jaime Vicens Vives, geopolitico nella tenaglia fra Repubblica e franchismo; il teorico brasiliano del meticciato Gilberto Freyre.
Recensione (di Marco Antonsich):
Il libro di Mario Losano
offre un quadro preciso e dettagliato delle principali scuole geopolitiche del
Novecento. Le idee, principali e non, della geopolitica tedesca, giapponese,
italiana, spagnola e portoghese sono esposte con minuzia e precisione, tipiche
del giurista quale appunto è Losano, per formazione e professione.
Il libro si basa su
un’attenta lettura dei testi originali in cui queste idee vennero esposte
(l’Autore sembra essere nella felice posizione di conoscere l’italiano, lo
spagnolo, il portoghese e il tedesco) e su una ricca collezione di opere
scritte a interpretazione di quelle idee. Certo, fosse stato Losano un
geografo, questa collezione sarebbe magari stata più estesa quanto ai lavori
geografici citati. Ma, dall’altro lato, avrebbe magari mancato di prospettiva giuridica
ed internazionalista che, presente nel libro, contribuisce ad allargare la
prospettiva sul contesto storico e internazionale in cui le varie scuole
geopolitiche operarono.
In generale, il libro
offre un quadro ricco ed accurato delle cinque tradizioni geopolitiche di cui
sopra. Il lettore nuovo alla storia del pensiero geopolitico troverà
sicuramente nel libro una fonte utile per acquisire una solida conoscenza della
produzione di questo pensiero nel corso del Novecento. Ma anche il lettore più
esperto potrà trovare utili informazioni su alcuni aspetti meno noti di questa
produzione. Personalmente ho trovato interessante la sezione su Albrecht
Haushofer, figlio maggiore di Karl, autore di riferimento della Geopolitik tedesca. Conoscevo il libro di
memorie scritto da Rainer Hildebrandt, da cui già emergeva la figura umanamente
ricca e dissidiata di Albrecht. Ma Losano aggiunge ulteriori episodi della vita
di questo giovane Haushofer, teoricamente più dotato del padre, assassinato
dalle SS prima che potesse completare il suo trattato di geopolitica. Altrettanto
interessanti i due capitoli sulla produzione geopolitica spagnola e portoghese,
di cui in italiano (ma anche in inglese) non è stato scritto molto, a parte
alcuni articoli pubblicati dallo stesso Losano su Limes.
Ma veniamo ora alle parti
del libro che secondo me avrebbero meritato una trattazione più approfondita e
a quelle parti che avrebbero dovuto essere scritte e la cui assenza limita
seriamente il portato teorico-concettuale di questo libro. Quanto alle prime
sarebbe stato utile trovare nel libro una giustificazione per l’affermazione di
Losano che la geopolitica tedesca e il suo indiscusso rappresentante, Karl
Haushofer, furono una componente essenziale della dottrina nazionalsocialista
(p. 26-7). Nella letteratura l’interpretazione dominante è che sia la Geopolitik sia Haushofer furono
strumentalizzati dalle gerarchie naziste, ma di fatto la loro influenza sulle
scelte del regime fu assai limitata. Se Losano vuole offrire un’interpetazione
contro-corrente deve appunto sostanziare questa affermazione con la necessaria
evidenza storiografica. Una trattazione più approfondita avrebbe meritato anche
il social-darwinismo, nozione fondamentale per comprendere la produzione
geopolitica classica, che rimane però più nel titolo del primo capitolo che
sviluppata propriamente nel testo. Non chiara per me è anche la scelta di
dedicare largo spazio a Giulio Douhet, il teorico italiano dell’arma area,
quando lo stesso Losano sembra condividere l’affermazione che Douhet non fu un
geopolitico, ma uno stratega militare. Se è cosi, allora è necessario spiegare
come geopolitica e strategia si connettono, altrimenti Douhet risulta
semplicemente un personaggio fuori luogo.
Quest’ultimo punto
introduce la mia altra critica riguardo alle parti mancanti nel libro. Come
detto, il libro è assai ricco in informazione, ma appunto non va oltre essere
una ricca collazione di informazioni. Manca un impianto argomentativo capace sia
di interpretare ciascuna tradizione geopolitica per sé, sia di legare le varie
tradizioni geopolitiche tra di loro, così da offrire una nuova interpretazione
sulla produzione geopolitica del Novecento. Cosa dobbiamo trarre da questo
libro che ci possa aiutare ad inquadrare meglio il portato teorico ed analitico
della geopolitica novecentesca? In che senso esiste un tratto comune per le
geopolitiche degli stati totalitari che magari le differenzia dalle
geopolitiche praticate nello stesso periodo da potenze democratiche (Stati
Uniti e Grand Bretagna)? Queste ed altre sono domande lasciate inevase nel
libro, che appunto manca sia di un’articolata introduzione generale sia di una
conclusione generale tout court,
oltre che di conclusioni parziali per ciascun capitolo utili ad inquadrare il
portato teorico di ciascuna tradizione geopolitica. Anche all’interno della
stessa tradizione geopolitica nazionale non sempre Losano cerca di comprendere
e tracciare i legami personali e intellettuali fra i vari autori, che rimangono
isolati in trattazioni singole, non riuscendo ad offrire un quadro organico per
ciascuna delle cinque tradizioni geopolitiche nazionali. Così ad esempio non è
chiaro come Carl Schmitt, su cui Losano spende buona parte del secondo capitolo
si ricolleghi alla Geopolitik,
analizzata nel capitolo precedente. Una trattazione tematica, anziché una
basata per autore, avrebbe magari ovviato a questa mancanza.
Seppur di minor
importanza, altre due parti sono mancanti nel libro. La prima riguarda una
giustificazione della scelta delle cinque tradizioni geopolitiche. Perchè
queste e non altre? Se l’intento del libro era quello di focalizzarsi solo
sulla produzione geopolitica di paesi totalitari, sia in Europa (es. Ungheria),
sia fuori Europa (es. Argentina e Brasile) esisterono altre rilevanti
tradizioni geopolitiche. La seconda mancanza riguarda le carte geopolitiche
che, seppur non numerose, comunque corredano il libro. Queste però sono appunto
lasciate a mero corredo estetico, senza alcun commento che possa aiutare a
comprendere meglio il ruolo delle carte nella produzione geopolitica.
La Geopolitica del Novecento è libro di sicuro valore, la cui lettura è
sicuramente consigliabile a chiunque sia interessato di storia del pensiero
geopolitico. Un peccato però che Losano, data la sua vasta conoscenza di
diverse tradizioni geopolitiche europee, non abbia osato avventurarsi sul
terreno interpretativo. Ci avrebbe potuto dire qualcosa di più sull’origine, la
natura e i limiti della geopolitica del Novecento.