Geografie politiche italiane tra Medioevo e Rinascimento

di Francesco Somaini
Officina Libraria, 2013

Il primo dei due saggi che compongono il volume affronta la questione della crisi degli stati cittadini italiani alla fine del Medio Evo. L'Italia centro-settentrionale, ancora ai primi del Trecento, vantava un ampio numero di città-stato, ma nei due secoli successivi queste scomparvero quasi tutte come soggetti politici autonomi. Alcune (poche) divennero le capitali di più vasti stati regionali, altre semplicemente finirono per perdere la loro indipendenza. Il saggio indaga tempi, modi e cause di questo processo, che venne di fatto cancellando quella che era stata fino ad allora un'originale forma politica tipicamente italiana. Il secondo contributo descrive invece la geografia politica della Penisola tra XV e XVI secolo. Si trattava di una realtà complessa, con attori territoriali di varie dimensioni e di vario peso. 

Recensione (di Marco Antonsich):
Descrizione (continua): Tra soggetti grandi, piccoli e piccolissimi sussistevano legami che davano vita ad un "sistema di stati". Questo sistema, alla fine del Quattrocento, non resse, invero, alla prova delle pressioni straniere. Ma le guerre d'Italia che ne seguirono non alterarono in modo sostanziale la geografia politica che gli stati rinascimentali avevano posto in essere, il che ne dimostra, se non altro, la relativa solidità. Il volume è corredato da numerose e innovative mappe a colori, che non solo permettono al lettore di farsi un'idea molto più precisa delle frammentarietà della geografia politica italiana, ma rendono immediatamente visibili le sfere d'influenza.

Recensione: Scritto da uno storico medievalista, il libro affronta un tema certamente interessante per la geografia politica: il passaggio, in Italia, tra il sistema geopolitico comunale o delle città-stato a quello degli stati regionali, che si realizzò tra il XIV e il XV secolo. Il libro è formato da due lunghi saggi, già pubblicati altrove, rivisitati ed ampliati.
Il primo saggio indaga le cause storiche del declino delle città-stato nell’Italia centro-settentrionale. Quattro i fattori individuati da Somaini: la peste del 1348; l’instabilità politica interna alle città; la frammentazione territoriale; e la crisi del modello militare fondato su cittadini in arme. La ‘morte nera’ che nel Trecento imperversò in Europa portò ad una crisi demografica che indebolì significativamente le città-stato e la loro capacità di sviluppo socio-economico. Questa tuttavia, secondo Somaini, non deve essere vista come una causa prima, ma aggiuntiva. Il declino delle città-stato infatti iniziò già alla fine del Duecento. Ben più importante fu quindi la costante lotta per il potere tra famiglie rivali che caratterizzò pressoché ogni città-stato. In condizione di un quadro territoriale molto frammentato, spesso accadeva che il rivale espluso dalla città natale trovasse accoglienza e sostegno in città viciniore e da qui poi riorganizzasse le proprie forze per tornare e scalzare il nemico, in un circolo vizioso. Per Somaini, questa fu la vera ragione della debolezza intrinseca delle città-stato italiane. Infine, fattore condizionante fu anche il cambiamento nel modo di fare la guerra. Con la crescita degli stati esteri e la professionalizzazione dell’arte militare, il sistema dei cittadini in arme tipico delle città-stato risultò inadeguato a sostenere guerre protratte nel tempo e diffuse geograficamente. Da qui la necessità di affidarsi ad unità politiche di maggiori dimensioni, che potessero garantire maggiore sicurezza. In questo passaggio da un sistema politico-militare all’altro anche il paesaggio subì delle trasformazioni importanti, con l’emergere di rocche, castelli e cittadelle fortificate volute dai nuovi poteri superiori.
Questo primo saggio si conclude con un breve excrursus sulla condizione delle città nell’Italia meridionale dello stesso periodo, sposando le tesi della storiografia più recente che dimostra un dinamismo ed un ruolo importanti di queste città, in maniera non molto dissimile a quanto accaduto negli stessi anni nell’Italia centro-settentrionale. E’ proprio su questa similitudine tra le esperienze urbane del centro-nord e del sud italia che Somaini pone l’accento, ribadendo l’importanza storica che le città hanno avuto nella costruzione dello spazio politico-economico italiano, come poi ebbe a riconoscere Carlo Cattaneo nell’Ottocento.
Il secondo saggio si focalizza sul sistema degli stati regionali italiani emerso dalla crisi delle città-stato, e che a metà del Quattrocentro  trovò espressione formale, seppur effimera, nella formazione della Lega Italica (1454-55). La tesi di Somaini è che nonostante la costante fragilità di questo sistema, l’assetto politico-territoriale ad esso associato rimase sostanzialmente stabile fino alla formazione dello stato unitario italiano. Cinque le entità politiche su cui questo sistema si resse: il Regno di Napoli; il ducato di Milano; le repubbliche di Venezia e Firenze; ed il Papato. Il regno sabaudo ancora in nuce ricoprì invece un ruolo secondario in questo periodo. Importante sottolineare è che il passaggio a questo nuovo ordine geopolitico non fu netto, visto che ancora ai primi del Cinquecento il ritorno ad un ordine politico fondato sulle città-stato poteva considerarsi un’ipotesi realistica. Gli stati regionali rimasero molto frammentati al proprio interno. Non erano caratterizzati da una statualità moderna, ma da pratiche di paternalismo signorile o feudale, mediazione, e patti federativi. Il vertice giocava quindi più un ruolo arbitrale nei confronti  dei vari corpi territoriali interni, che continuarono a godere di diversi gradi di autonomia, senza tuttavia avere un potere di relazioni esterne, che divenne invece monopolio dello stato regionale. In questo quadro molto mobile e variegato, vi furono comunque avanzamenti importanti nel campo della statualità, come la messa a punto di sistemi fiscali più efficienti e conseguente crescita di burocrazie ed apparati di governo centralizzati, con il perfezionamento delle scritture pubbliche e del sistema di archivi e cancellerie. Eroso da conflittualità interne e mire espansionistiche di altri stati italici, questo sistema crollò sotto l’invasione francese della fine del Quattrocento che diede poi avvio alle Guerre d’Italia. Eppure, secondo Somaini, la geografia politica creata da questi stati regionali rimase sostanzialmente inalterata nei secoli successivi. Il sistema degli stati italiani creò l’idea di un Italia che, in termini politici, costitutiva un sistema a sé, distinto e separato  rispetto all’ ‘esterno’- un sistema geopolitico plurale, ma in qualche modo unitario.
Chiudono il libro un’appendice metodologica, che spiega le fonti utilizzate per la costruzione del ricco corredo cartografico (ben 26 tavole a colori, opere originali dello stesso Somaini) e una lunga bibliografia ragionata, per tema e regione.
Costruito essenzialmente su fonti secondarie, il libro offre sicuramente un utile affresco storico dell’Italia politica tra il Tre e il Quattrocento. A volte tuttavia il libro pare indugiare eccessivamente sulla cronistoria dettagliata di singole entità territoriali, senza offrire al lettore degli spunti interpretativi per comprendere il perché di alcuni fatti storici. Cosa ad esempio spiega, nel passaggio da un sistema geopolitico all’altro, la scomparsa di alcune entità territoriali e l’emergere invece di altre? Somaini sicuramente addita alcune cause strutturali, ma nell’economia del libro l’attenzione per la narrazione dei fatti storici sembra a volte sacrificare la dimensione analitica ed interpretativa. La mancanza di una simile dimensione caratterizza anche il ricco apparato cartografico. Somaini parla del carattere soggettivo di ogni rappresentazione cartografica; tuttavia le sue carte sono un mero corredo illustrativo, non analitico. Solo in minima parte c’è il tentativo di leggere ed interpretare le carte, che di fatto hanno la sola funzione di tradurre in forma visiva ciò che viene detto nel testo.
Nel complesso il libro fornisce un utile fonte per esplorare la mutevole geografia politica della Penisola in un’epoca in cui una precaria immagine di unità politica andava nascendo.