La geografia del racconto. Sguardi interdisciplinari sul paesaggio urbano nella narrativa italiana contemporanea

a cura di Davide Papotti e Franco Tomasi
Peter Lang, 2014

Lo rappresentazione dello spazio urbano – nella sua complessa e multiforme variabilità – occupa un ruolo sempre più rilevante nella narrativa italiana dell’ultimo decennio, tanto da apparire spesso quale vero protagonista delle storie narrate. In questo libro si presentano alcuni studi di taglio interdisciplinare mirati a sondare, attraverso letture che incrociano i metodi della geografia umanistica e della critica letteraria, come la dimensione urbana venga prendendo forma in alcune esperienze letterarie; ad analisi di carattere comparato che abbracciano più autori e più aree geografiche si affiancano nel volume letture concentrate su singoli autori e singole aree geografiche, tutte però convergenti nell’intento di cogliere i rapporti complessi e rifratti tra territorio urbano e forme del suo racconto.

Recensione (di Chiara Giubilaro):
Spazio e letteratura rappresentano ormai da diversi decenni un’endiadi tanto consolidata quanto costitutivamente problematica. Già Henri Lefebvre nel suo La produzione dello spazio enunciava una delle difficoltà che questo dialogo immediatamente pone: “nel momento in cui l’analisi si propone di cercare lo spazio nei testi letterari, lo scopre ovunque e in ogni parte: sottinteso, descritto, proiettato, sognato, riflesso.” Se l’incontro fra letteratura e analisi geografica genera un campo di ricerca potenzialmente sconfinato, non stupisce che questo campo sia stato meta di incursioni, viaggi e attraversamenti da parte di studiosi provenienti dalle due discipline più densamente coinvolte in questo dialogo, la geografia e la letteratura.
È proprio su questo terreno che interviene La geografia del racconto, il volume curato da Davide Papotti e Franco Tomasi per la casa editrice Peter Lang (2014). L’operazione messa a punto dagli autori e immediatamente svelata nella prefazione è decisiva per situare la genesi e la costruzione del volume e per comprenderne l’efficacia sul piano strategico. L’astratto confronto interdisciplinare, infatti, si carica qui di luoghi reali e interazioni corporee, trovando in incontri, discussioni e convegni l’occasione di un fitto dialogo che in più punti il testo lascia intravedere. L’Università di Padova – dichiarano i curatori in apertura – rappresenta infatti il baricentro di questa collaborazione, il luogo in cui geografi e studiosi della letteratura si sono materialmente confrontati sul terreno dei rapporti fra lo spazio e il testo, trovando in particolare nelle due sessioni del convegno della Canadian Society for Italian Studies tenutosi a Venezia nel giugno del 2011 l’occasione per tradurre quel dialogo in scrittura.
Il volume ha un impianto spiccatamente duale, che riflettendosi sul testo e marcandone la struttura riesce a produrre un confronto serrato nel quale la specificità degli sguardi non si disperde né confonde, alimentando un fitto gioco di rimandi e allacciamenti. L’introduzione, nella versione sdoppiata messa a punto dai curatori, svela pur non tematizzandolo esplicitamente il primo punto di contatto fra i due orizzonti disciplinari. Tanto la geografia quanto lo studio della letteratura vengono infatti presentati al lettore come discipline in crisi, attraversate cioè da trasformazioni profonde che ne hanno in tempi recenti messo radicalmente in questione i confini. Ed è proprio a partire da questa condizione di fragilità che diviene possibile e forse necessario inscrivere nuovi legami fra apparati teorici e oggetti di ricerca differenti. Se la città appare sempre più opaca e bisognosa di strumenti e percorsi interpretativi, la letteratura, con il suo immenso potenziale di storie e di immaginazioni, può allora rappresentare una chiave di accesso decisiva. Le fitte e complesse relazioni che legano insieme spazi urbani e testi letterari costituiscono così il terreno sul quale gli autori del volume sono chiamati a cimentarsi.
Nei due testi introduttivi, Franco Tomasi e Davide Papotti predispongono il terreno teorico su cui innestare i successivi saggi, il primo soffermandosi sul ruolo della spazialità nei testi e nelle analisi letterarie, il secondo sulle potenzialità che la letteratura offre alla geografia urbana. A rendere efficace l’accostamento delle due prospettive è l’equilibrio che i due curatori ricercano e mantengono fra un’esperienza transdisciplinare e uno sguardo sempre fortemente disciplinato. Questa attenzione alla differenza attraversa il testo nel suo complesso, mantenendo una tensione costante e talvolta dissonante tra i due assetti.
Sono sei i saggi che compongono il volume, equamente ripartiti tra geografi e studiosi di storia della letteratura. Se l’Università di Padova rappresenta il baricentro di questa micro-comunità, non è un caso che sia proprio il Nord-Est il terreno privilegiato sul quale gli autori costruiscono le proprie riflessioni. Questo epicentro geografico e affettivo se da un lato reinscrive le aspirazioni suggerite nel sottotitolo del volume (“Sguardi interdisciplinari sul paesaggio urbano nella narrativa italiana contemporanea”), dall’altro costituisce un importante fattore di coesione fra i saggi del volume, capace di rafforzare quel dialogo fra discipline differenti che sta al centro del progetto e ne racchiude il valore.
Testi letterari differenti attraversano così il tessuto urbano, ritagliando molteplici percorsi al suo interno. La collana Contromano lanciata dall’editore Laterza nel 2004 offre a Davide Papotti, autore del primo dei saggi che si susseguono nel volume, una ricca collezione di voci e di immagini che ruotano intorno alla relazione intima che lega gli scrittori alle città. Seguendo le linee di alcune di queste “guide narrative urbane”, Papotti rintraccia nelle geografie emozionali dei suoi scrittori la possibilità di fare affiorare percorsi e sguardi sghembi, capaci di scartare la retorica dominante e di aprire la città ad altre, impreviste narrazioni.
Sghembo è anche il piano sul quale Tania Rossetto situa la relazione fra teoria letteraria e sapere geografico, relazione che nella prospettiva dell’autrice appare segnata da una marcata asimmetria a svantaggio dei geografi, che tendono a trascurare le opportunità teoriche che la propria disciplina potrebbe offrire alla critica letteraria. È cercando di risalire questo piano che l’autrice si cimenta nell’esplorazione delle complesse geografie veneziano-lagunari incrociando le voci di Bettin, Ferrucci, Scarpa e Mozzi, in una proliferazione irriducibile di sguardi ed itinerari.
Le città invisibili di Calvino, tappa obbligata di ogni viaggio geo-letterario, offrono a Gioia Valdemarca il terreno per un confronto fra tre delle città di carta calviniane e la cosiddetta megalopoli padana, la cui spazialità indeterminata e pulviscolare risuona nei testi di Celati, Trevisan, Zanzotto e degli altri “scrittori della pianura” che hanno in forme differenti tradotto in scrittura la controversa relazione con il proprio territorio.
Negli ultimi tre saggi gli autori adottano un’ottica monografica, restringendo il campo di analisi a singole opere. Attraverso un’attenta rilettura de L’ubicazione del bene di Giorgio Falco, Franco Tomasi ricostruisce le ricadute narratologiche e stilistiche che il paesaggio padano e le sue radicali trasformazioni hanno avuto su un’intera generazione di scrittori. I quindicimila passi di Vitaliano Trevisan offrono invece lo spunto a Mauro Varotto per esplorare le complesse geografie dell’abbandono che si imprimono sul testo, risignificando come spazi di valore aree dismesse, rovine, boschi e altri luoghi della rimozione. Un viaggio in treno fino a Genova e la memoria traumatica dei fatti del 2001 incorniciano Cosa cambia di Roberto Ferrucci, oggetto del saggio di Emanuele Zinato che chiude il volume. La scrittura mobile di Ferrucci ricompone qui l’immagine di una città segnata dal conflitto, intessuta di spazi vuoti e saturata di dettagli visivi, oggetti minuti, che nessuna carta è capace di accogliere fra le sue linee.
La geografia del racconto riporta la relazione fra teoria geografica e analisi letteraria entro i confini di uno spazio vissuto, prodotto di interazioni ed eventi che hanno avuto concretamente luogo e che attraverso la trama della scrittura continuano a risuonare. È su questo terreno, ibridato e dissonante, che spazi urbani e testi letterari possono svelare nuovi incroci e dare luogo ad inediti percorsi.